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Bobi Wine: Ghetto President, la recensione del documentario

Presentato Fuori Concorso alla 79a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Bobi Wine: Ghetto President è un documentario diretto da Christopher Sharp e Moses Bwayo che segue la storia incredibile del rapper ugandese Bobi Wine, che ha tentato di ribaltare la dittatura di Museveni – che detiene il potere in Uganda dal 1986 – attraverso le sue parole, la sua musica e il suo movimento: Our power, people power.

Il documentario ci porta in tempo reale nella vita di Bobi Wine e di sua moglie Barbie. Bobi Wine, pseudonimo di Robert Kyagulanyi Ssentamu, è un musicista ugandese: dagli slum del ghetto di Kampala, Bobi è riuscito a diventare una delle più amate superstar del suo Paese; è il talento musicale a favorire la sua ascesa, a incoraggiare milioni di persone che prima non avevano voce. Bobi usa la musica come forma di attivismo e diventa un membro indipendente del Parlamento, per difendere i diritti della sua gente, la gente del ghetto.

Bobi Wine: Ghetto President, la recensione del documentario

Bobi Wine: Ghetto President

Bobi Wine: Ghetto President ci fa orbitare in una realtà inquietante, fotografando con grande lucidità l’abuso dei sistemi legale e parlamentare, due presunte colonne della democrazia: le istituzioni del paese sono infatti controllate dallo Stato per assicurare che il presidente Museveni continui a governare l’Uganda. La cinepresa, con coraggio e dedizione, segue anche a rischio della vita, le vicende che hanno portato Bobi Wine, il presidente del ghetto, da rapper fino al parlamento, attraverso la campagna elettorale che l’ha visto sfidare il vecchio presidente.

Bobi Wine sogna un’Uganda democratica, libera dalla morsa del presidente Museveni che, come viene spiegato all’interno del documentario, auspica per un sesto mandato, possibilità che non è prevista dalla legge: per questo decide di cambiare la Costituzione, scatenando il dissenso all’interno del Parlamento e del Paese. La campagna elettorale è difficile, brutale, sanguinosa per Bobi Wine, poiché il presidente gli rende impossibile fare qualsiasi cosa. Centinaia dei suoi sostenitori vengono malmenati, arrestati, anche amici e familiari. Bobi Wine per questione di sicurezza decide di mandare via i figli temporaneamente dall’Uganda verso gli Stati Uniti.

Bobi Wine: Ghetto President: la musica è rivoluzione

Non c’è un giorno della campagna elettorale in cui Bobi Wine o persone del suo staff non rischino la vita, o di essere imprigionati, o di scomparire improvvisamente. Bobi e Barbie rischiano tutto, la propria vita e il proprio futuro, per sfidarlo, perché lo Stato è determinato a zittire non solo loro, ma chiunque sostenga la loro causa. Bobi Wine viene arrestato numerose volte durante la campagna elettorale, accusato di tradimento, di causare violenza, proteste aggressive; ovviamente sono solo tentativi di ribaltare la narrazione, un tentativo che il presidente in carica porta avanti con fermezza, cercando di convincere il popolo ugandese, e non solo, che Bobi Wine non è una persona degna di diventare presidente, ma che è un riottoso, un ribelle, una persona pericolosa.

Il documentario traccia una linea netta, palpabile, tra Museveni, che ha governato l’Uganda da quando è salito al potere nel 1986, e il 40enne Bobi Wine. Il primo viene raccontato come l’incarnazione del rivoluzionario diventato dittatore, mentre Wine da star del reggae viene mostrato come diventa un politico che parla di repressione del governo, di libertà, e della necessità di un cambiamento.

Bobi Wine: Ghetto President è la rappresentazione autentica dei drammatici eventi accaduti in Uganda e dello spirito puro e genuino di un gruppo di attivisti, tra cui Bobi, che usa la musica, il corpo, e la voce per dare vita a una rivoluzione, culturale, sociale e politica all’interno dell’Uganda.

Our power, people power.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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