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[Recensione] The Great Wall: il fantasy secondo Zhang Yimou

Ti prego, ti prego, ti prego… Fa sì che non sia l’ennesimo, lunghissimi film simil-storico”. È questa la prima cosa che ho pensato quando ho visto l’ex Jason Bourne sulla Grande Muraglia Cinese nel trailer di The Great Wall, il lungometraggio di Zhang Yimou uscito nelle sale cinematografiche italiane il 23 febbraio.

Fortunatamente non potevo essere più lontana dalla verità. The Great Wall ha infatti sconvolto le mie aspettative dimostrandosi ben diverso da come l’avevo immaginato. Non c’è niente di storicamente accurato nella vicenda scritta da Carlo Bernard, Doug Miro e Tony Gilroy, ma solo la voglia di sorprendere gli spettatori attingendo dall’immenso patrimonio culturale cinese, fatto di miti e leggende prima ancora che di veri e propri fatti.

The Great Wall vede infatti protagonista un mercenario, William, in viaggio verso l’estremo Oriente alla ricerca della fantomatica “polvere nera”. Ad accompagnarlo un nugolo di compagni destinati a scomparire nei primi minuti del film, fatta eccezione per il suo alleato di sempre, lo spagnolo Tovar. In fuga dai predatori e da una minaccia ancora ignota, i due si imbattono nell’imponente muraglia per poi essere imprigionati dall’esercito dell’Ordine Senza Nome e costretti a combattere contro i temibili Taotie.

Una storia che non sorprende particolarmente, ma che stupisce per l’aspetto tecnico grazie a coreografie spettacolari, alle migliaia di comparse utilizzate e agli effetti speciali affidati alla Weta di Peter Jackson e alla ILM (Industrial Light & Magic) di George Lucas. Notevole poi anche il 3D, che non solo dona profondità al film, ma lo rende più verosimile senza trasformarsi mai in qualcosa di fastidioso e superfluo. Insomma, se vi siete chiesti a cosa siano serviti i 135 milioni di dollari di budget, ora lo sapete.

Poco da dire invece sulla prestazione di Matt Damon e compagni. Il buon Matt infatti non ha avuto grandi difficoltà ad interpretare un personaggio coraggioso, determinato, persino simpatico, ma sicuramente non eccessivamente profondo e sfaccettato. Un po’ di amarezza invece rimane per Willem Dafoe, ma non certo per la sua performance quanto invece per il personaggio davvero troppo marginale che gli è stato appioppato.

In generale comunque The Great Wall si presenta come un film godibile e spettacolare, un fantasy un po’ inusuale dove l’ordine e l’organizzazione predominano (quasi sempre) sul caos. Il lavoro di Zhang Yimou è quindi più che promosso, anche se, per il futuro, mi aspetto qualcosa di narrativamente più stimolante.

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Erika Gherardi

Amante del cinema, drogata di serie TV, geek fino al midollo e videogiocatrice nell'anima. Inspiegabilmente laureata in Scienze e tecniche psicologiche e studentessa alla magistrale di Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia.

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