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La nostra recensione di Trek to Yomi: nell’anima di un samurai

Ambientato nel Giappone del periodo Edo, Trek to Yomi è uscito il 5 maggio 2022, e fin da subito si presenta come una piccola perla per gli amanti della cultura e del cinema nipponico. Ci ritroviamo infatti davanti ad un titolo dal forte carattere artistico e cinematografico, che non manca di cruenti combattimenti e una storia avvincente. Quest’ultima – scritta da Alec Meer e Leonard Menchiari – segue le vicende di un samurai di nome Hiroki, dal suo addestramento giovanile all’età adulta. Qui dovrà fare i conti con dei barbari e spietati saccheggiatori, pronti a mettere a ferro e fuoco il suo villaggio. Per questa recensione abbiamo giocato a Trek to Yomi su console Xbox, ed ecco quali sono le nostre impressioni.

La redenzione di Hiroki e la vendetta della sua katana

Dimenticatevi le rappresentazioni hollywoodiane e frenetiche di samurai e sensei. Qui si va all’essenza della violenza e del folklore. E c’è ben poca poesia, sebbene ci sia tanta arte. Il giovane Hiroki è poco più di un bambino quando, durante una lezione col suo maestro sensei, quest’ultimo viene chiamato a difendere il villaggio da degli spietati briganti, pronti ad uccidere i contadini per impossessarsi dei loro beni. Questo capitolo iniziale del gioco, in realtà, ci servirà per comprenderne le meccaniche basilari, e fungerà quindi da tutorial. Armati di katana guideremo quindi il personaggio di Hiroki attraverso un mondo in bianco e nero a scorrimento orizzontale. Sebbene il gioco sia essenzialmente in 2D, non mancheranno elementi di profondità che ben si integrano con le meravigliose ambientazioni dei villaggi.

Hiroki mieterà le sue prime vittime nel tentativo di salvare il suo sensei, con scarsi risultati. Terminato questo primo e breve capitolo/tutorial ha inizio la vera storia: qualche anno ritroviamo un Hiroki adulto, reggente e protettore del medesimo villaggio, ancora una volta assalito da misteriosi e spietati criminali. Comincia qui il nostro viaggio tra natura, cittadine in fiamme, campi di riso e miniere. Il tutto accompagnato da una spettacolare colonna sonora, che rende l’esperienza di gioco quanto mai immersiva e orientale. Saremo soli, armati di katana e qualche arma lanciabile, contro gruppi di briganti a cui dovremo far rimpiangere di aver assaltato il villaggio. Ma non solo: la cultura giapponese è fatta di demoni, fantasmi del passato e ricerca di redenzione. Tutti elementi magistralmente inseriti nella trama di Trek to Yomi.

La recensione di Trek to Yomi: meccaniche di combattimento semplici ma spietate

Se dal punto di vista narrativo e stilistico il gioco si presenta come un piccolo gioiellino, non possiamo dire lo stesso delle meccaniche di gioco. Certo, sgozzare degli spietati assassini è soddisfacente, soprattutto per la resa sonora delle spade che si scontrano. Tuttavia i combattimenti rischiano di risultare ripetitivi, nonostante Hiroki impari nuove combo col progredire del gioco. I salvataggi dei progressi avvengono in specifici templi, il che vuol dire che una volta morti dovremo riprendere dall’ultimo checkpoint. Non di rado ci siamo ritrovati a dover ripetere uno specifico combattimento più volte, il che può diventare noioso e frustrante.

A fornire un minimo di variazione alle infinite e ripetitive combo da effettuare, sono le trappole disseminate sui sentieri secondari. Queste permetteranno ad Hiroki di uccidere i nemici attraverso carichi pesanti fatti cadere sulla testa dei nemici. Da questo punto di vista l’approccio strategico è ben ponderato, e lascia ai giocatori la possibilità di scegliere tra katana e ingegno. Di rado troveremo anche dei piccoli puzzle da risolvere, che ci sono sembrati più un modo di rinfrescare il gameplay che non di mettere in difficoltà il giocatore.

La mappa è ricca di collezionabili, il che è un bene. Questi forniscono interessanti elementi di approfondimento della cultura giapponese, e verranno conservati nell’inventario. Tuttavia molti di questi oggetti si trovano in stradine secondarie, e qui troviamo il secondo grande problema del gioco. Il giocatore si troverà spesso davanti a dei bivi: una strada porterà ad una zona secondaria con oggetti o consumabili, mentre l’altra permetterà di proseguire nella storia. Il vero problema è che non vi è alcuna indicazione per distinguere le due, e se si intraprende la strada che porterà Hiroki avanti nella narrativa, non sarà più possibile tornare indietro ed esplorare le altre aree. Anche in questo caso il risultato è decisamente frustrante.

Le inquadrature, il bianco e nero e i dialoghi: la cifra stilistica di Trek to Yomi

Trek to Yomi è un gioco sviluppato da Flying Wild Dog, distribuito da Devolver Digital e scritto da Alec Meer e Leonard Menchiari. Ci troviamo quindi davanti ad un gioco indipendente dalla forte componente artistica e narrativa. Non stupisce quindi che ci siano dei limiti dal punto di vista di gameplay, che comunque sono ben compensati dall’esperienza generale. La fedeltà storica nel rappresentare il periodo Edo (dalle armi alla riproduzione dei villaggi) si sposa perfettamente con le musiche composte da Cody Matthew e Johnson Yoko Honda. Un omaggio alle produzioni cinematografiche nipponiche della metà del 1900, con una malinconica colorazione in bianco e nero e un doppiaggio originale in giapponese che non fa che aggiungere credibilità ai dialoghi.

Possiamo infatti dire che c’è una vera e propria regia cinematografica nella scelta delle inquadrature, che da un lato ci sono sembrate poco funzionali nei momenti di battaglia, mentre dall’altra permettono di simulare dinamismo e profondità in quello che è, non bisogna dimenticarlo, un gioco a scorrimento orizzontale in 2D.

Tirando le somme della nostra recensione: com’è Trek to Yomi?

Volendo tirare le somme non possiamo che consigliarvi Trek to Yomi, soprattutto se siete appassionati di un certo tipo di cinema orientale e, in generale, di cultura giapponese. Spiriti, morti e boss spietati fanno da contorno al viaggio di Hiroki. Questi infatti dovrà lottare in primis contro i suoi demoni, per poi essere in grado di sconfiggere i nemici. Come accennato però, la spettacolare cifra stilistica del gioco cozza con la giocabilità (e la rigiocabilità) del titolo. Combattimenti ripetitivi, sentieri sbagliati e sconfitte frustranti, porteranno più volte a valutare l’ipotesi di spegnere la console. Inoltre, sebbene ad un certo punto determinate scelte influenzeranno il finale della storia, la ripetitività dei combattimenti difficilmente porteranno il giocatore ad affrontare nuovamente le 6/7 ore di gioco necessarie per completare nuovamente il titolo.

Resta comunque una piccola opera d’arte. Non troppo divertente da giocare, ma pur sempre un’opera d’arte gradevole, disponibile su PC, PlayStation 5, Xbox One e Xbox Series X|S (incluso nel catalogo Xbox Game Pass).

PRO

  • Riproduzione storica accurata
  • Narrativa interessante
  • Cifra stilistica notevole
  • Ambientazioni gradevoli

CONTRO

  • Ripetitività dei combattimenti
  • Mappa disorientante
  • Manca un sistema a capitoli: per rigiocare si ricomincia da zero
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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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