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Age of Empires Definitive Edition: la nostra recensione

Lo scorso anno Age of Empires, la serie di strategici in tempo reale firmata Ensemble Studios, ha compiuto vent'anni. Come regalo di compleanno per tutti gli affezionati, Microsoft Game Studios ha deciso di pubblicare una Definitive Edition comprendente anche l'espansione The Rise of Rome, con uscita posticipata al 2018.

L'idea alla base del titolo è quella di dare ai giocatori una versione migliorata della nota serie e dei veri e propri meccanismi di progressione nelle diverse epoche storiche. Questo viaggio nella storia inizia con la scelta tra 16 civiltà diverse, comprese quelle incluse nell'espansione. Ognuna di queste popolazioni possiede caratteristiche differenti e dei bonus passivi esclusivi che, una volta effettuata la propria scelta, spingono il giocatore ad adattare ad essi il proprio stile di gioco e a gestire in modi diversi risorse ed unità a disposizione, in modo tale da portare la civiltà scelta a svilupparsi attraverso i quattro possibili stadi di progresso. Queste differenze, per quanto interessanti, proseguendo nella propria partita tendono a sfumare sempre di più, fino a diventare quasi invisibili: ci si ritrova così davanti a due popoli solo all'apparenza diversi.

Attorno ad ogni popolazione sono costruite 9 campagne (otto in origine, ma a cui gli sviluppatori hanno aggiunto La Prima Guerra Punica) che inizialmente sembrano donare un po' di varietà al titolo. Proseguendo nella storia però, queste ultime tendono a diventare ripetitive e non caratterizzate da una vera e propria "trama" alla base. Un dettaglio simile, unito alle poche differenze tra le varie fazioni, rischia di portare velocemente alla noia. A limitare le possibilità del titolo sono anche i difetti delle unità e dei loro movimenti sulla mappa: spesso si finisce per perdere una battaglia soltanto perché il proprio esercito si è incastrato, rimanendo così a disposizione degli attacchi nemici. Il livello di sfida offerto da Age of Empires, a causa della presenza della stessa CPU dei capitoli precedenti, non è inoltre molto elevato: il sistema non offre differenze, limitandosi a rendere più difficile e lento l'accumulo di risorse.

Piccola aggiunta, che può essere considerata interessante oppure no a seconda dei gusti personali, è stata fatta alla narrazione. Ad introdurre ogni campagna leggendo alcuni dialoghi è infatti la voce di un uomo, che elenca anche tutti gli obbiettivi da raggiungere e che, nel tutorial, ci accompagna in ogni fase.

A subire le modifiche più evidenti, ma senza trasformare la formula caratteristica del titolo, è stato invece il comparto grafico, a cui gli sviluppatori di Forgotten Empires hanno voluto dedicare grande attenzione. In questo sistema, oltre ai colori delle ambientazioni e di alcuni abiti, spiccano soprattutto i moltissimi dettagli presenti negli edifici e la presenza di nuove animazioni per quanto riguarda le unità. Molto più leggibile e intuitiva è anche l'interfaccia che, poco ingombrante, non infastidisce il giocatore. L'intuitività delle icone ne rende inoltre immediato l'utilizzo, rendendo il lungo tutorial iniziale quasi non necessario. Modifiche simili, però, non bastano per cancellare la realtà: il motore grafico utilizzato è lo stesso di vent'anni fa, a cui gli sviluppatori hanno voluto dare una rinfrescata, rendendolo solamente più dettagliato.

Riassumendo, questa Definitive Edition appare come una minestra riscaldata, che cerca di riproporre l'enorme successo avuto dalla serie Age of Empires senza metterci troppo impegno e fondi. Inizialmente l'idea potrebbe essere considerata apprezzabile ma, una volta avviato il gioco, tutti i difetti e le limitazioni in esso presenti smorzano immediatamente l'entusiasmo.

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Maria Elena Sirio

Videogiocatrice dall'infanzia, innamorata del fantasy e dell'avventura (ma, soprattutto, di Nathan Drake), con una passione per il disegno, il cinema e le serie tv, che tenta di conciliare tutti questi interessi con la facoltà di Biotecnologie.

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