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Un giudice blocca la legge “anti-ban” dei social in Florida

Respinta al mittente la legge per impedire di allontanare i politici che violano le regole dei social

Un giudice ha bloccato la legge “anti-ban” sui social network, passata dal governatore della Florida Ron DeSantis a maggio. La normativa avrebbe multato i vari Twitter e Facebook in caso di allontanamento dalla piattaforme di figure politiche e candidati alle elezioni. La decisione arriva dopo la denuncia di gruppi di lobby che rappresentano Facebook, Google e altre aziende tech.

Un giudice blocca la legge anti-ban dei social in Florida

Il giudice Robert L. Hinkle del distretto nord della Florida ha bloccato la normativa. Il motivo sta nel fatto che ci sono parti della legge che vanno contro il Primo Emendamento, quello sulla libertà di espressione. La legge che il governatore Repubblicano della Florida DeSantis aveva firmato contro quella che definiva censura viola la libertà di parola. Inoltre il giudice ha spiegato che altre parti della legge hanno già un equivalente nella legge federale, rendendo ridondante scriverle in una legge statale.

DeSantis aveva approvato la normativa che, a detta di tutti gli osservatori (anche quelli a favore della proposta), era pensata per obbligare Twitter a riammettere Donald Trump sulla piattaforma. Dopo l’assalto terroristico al Campidoglio del 6 gennaio, portato avanti da persona che hanno assistito a un comizio di Trump prima dell’attacco violento, Twitter ha bannato a vita l’ex-Presidente. Questa legge avrebbe obbligato Twitter a riammettere Trump se avesse annunciato una qualsiasi candidatura politica.

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Ron DeSantis all’approvazione della legge

Il giudice Hinkle è intervenuto dopo la denuncia di alcuni gruppi di lobbying, che hanno denunciato la normativa come anti-costituzionale. Dietro ai lobbysti (pratica regolamentata legalmente in USA) ci sono Facebook, Google, NetChoice e la Computer & Communications Industry Association.

Il giudice ha giustificato la decisione dicendo: “La legislazione sotto analisi era un tentativo di limitare i social media, ritenuti troppo grandi e troppo liberali. Bilanciare lo scambio di idee fra privati cittadini non è un interesse legittimo per il governo“.

La decisione farà discutere molto negli Stati Uniti, sebbene l’incostituzionalità fosse evidente per molti commentatori già dalla prima stesura. E intensificherà ancora di più il rapporto fra i social e la politica, con la diffidenza per Big Tech che cresce sia fra i Repubblicani che fra i Democratici.

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Source
New York Times

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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