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Open banking in Italia: il trend è in aumento

In due anni si è registrata una crescita esponenziale di questo tipo di operazioni

L’open banking in Italia? Un fenomeno in notevole ascesa. Tink, la piattaforma di leader di settore a livello continentale, ha reso noti i risultati di una nuova indagine che rivela come – nonostante la crescente propensione delle banche nei confronti di questa realtà – la sua completa implementazione richiederà agli istituti finanziari molti anni per essere realizzata.

Open Banking: i dati in Italia

Tre punti che spiegano più di qualsiasi altra cosa la situazione a livello interno:

  • Più di tre su quattro dirigenti finanziari italiani (77%) ritengono che l’open banking stia avendo un effetto rivoluzionario sul settore dei servizi finanziari;
  • il sentimento positivo nei confronti dell’open banking continua a crescere in Italia – dal 57% nel 2019 al 71% nel 2021;
  • In Italia, il 23% dei dirigenti finanziari prevede che ci vorrà più di un decennio per completare gli obiettivi di open banking. Un altro 43% ritiene che ci vorranno 5-10 anni e il 34% pensa che serviranno meno di 5 anni.

I dati in Europa

Questi invece sono tre punti che fanno luce sulla questione a livello europeo:

  • Secondo il 40% degli istituti intervistati la propria organizzazione impiegherà dai 5 ai 10 anni per realizzare i propri obiettivi sul target, e un ulteriore 37% ritiene che ci potrebbe volere più di un decennio;
  • Esaminando i vari settori, le challenger bank e le società di gestione patrimoniale sono le più ottimiste quando si parla di tempi, dato che il 75% e il 74% rispettivamente ritiene che gli obiettivi di open banking delle proprie istituzioni possano essere raggiunti in meno di un decennio. All’estremità più cauta della scala, solo il 55% dei fornitori di mutui, il 56% dei fornitori di credito e il 57% dei fornitori di servizi di pagamento a ritenere di poter raggiungere la maturità dell’open banking entro un decennio;
  • Le istituzioni finanziarie in Belgio (87%), Paesi Bassi (85%) e Regno Unito (81%) sono le più propense nei confronti di questo fenomeno. E la cosa non stupisce, in quanto ciò che tutti e tre i mercati hanno in comune è un ecosistema di servizi finanziari competitivo e innovativo con un rapporto di collaborazione tra i TPP e gli istituti finanziari storici.

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