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Net Neutrality: cos’è e cosa accadrà dopo l’abolizione negli Stati Uniti

Abolita definitivamente negli Stati Uniti la "Net Neutrality", un duro colpo per la neutralità della rete. I provider di servizi Internet sono ora liberi di favorire l'accesso a determinati canali Web rispetto ad altri. Una situazione che potrebbe risultare parecchio pericolosa.

Cos'è la "Net Neutrality"?

Con "Net Neutrality" si intende proprio la "neutralità della rete", ovvero il principio per il quale non è possibile che un ISP (Internet Service Provider) possa decidere – previo accordi commerciali – di favorire un flusso di contenuti (di qualsiasi genere) rispetto ad un altro.

L'esistenza di un Internet libero, dove i contenuti hanno tutti pari potenzialità e sono gli utenti a scegliere cosa premiare, è in teoria alla base dell'idea del Web. Con l'eliminazione del principio di "Net Neutrality" le cose cambieranno ed a farne le spese saranno principalmente gli utenti finali.

Cosa succede con l'eliminazione della "Net Neutrality" negli Stati Uniti

Senza entrare in questioni politiche, per capire chi ha voluto cosa, concentriamoci su quali saranno le conseguenze dell'abolizione di un principio così importante. D'ora in poi, qualsiasi provider di servizi Internet negli Stati Uniti (l'equivalente nel nostro paese – per intenderci – di TIM, Vodafone, Infostrada, ecc. ndr) sarà libero di decidere quali contenuti favorire sul Web.

Avete capito bene, gli utenti non saranno più padroni di decidere cosa scegliere perché alla base ci sarà l'ISP (Internet Service Provider, appunto) che farà da filtro su cosa mostrare. Non solo, lo stesso provider potrà deliberatamente decidere di ridurre la banda disponibile per fruire di determinati contenuti in streaming. In questo modo, sarete più portati a sceglierne altri, che puntualmente funzioneranno alla perfezione. In casi estremi, il fornitore di connessione ad Internet potrebbe anche decidere di oscurare totalmente un sito Web.

Chi trarrà vantaggio da questa situazione?

Quali siano gli svantaggi per l'utente finale, sembra abbastanza chiaro. Perdita totale della libertà, che – almeno sul Web – si cerca di preservare. A godere di infiniti vantaggi, di carattere economico, saranno essenzialmente i fornitori di servizi Internet.

Ad esempio, gli ISP potranno agevolmente chiudere accordi commerciali con i giganti della musica in streaming perché i loro servizi siano favoriti. Identica situazione per i contenuti video. Le aziende che non potranno, o non vorranno, scendere a compromessi con la nuova realtà, rischieranno di rimanere fuori da un Internet sempre più monopolizzato. Non solo, come già accennato, i provider Internet potranno deliberatamente negare l'accesso a determinati siti Web o limitare fortemente la potenza della connessione quando li si visita.

In soldoni: un passo indietro nella libertà personale, uno in più verso il monopolio del Web da parte di pochi operatori del settore.

Come riportato dal New York Times, i sostenitori del provvedimento che ha abolito la "Net Neutrality" hanno un altro punto di vista: con la possibilità di aprirsi ad accordi commerciali, e dunque partnership fra servizi interconnessi, gli operatori del settore potranno offrire ancora più opportunità ai proprio abbonati.

Insomma, da qualunque prospettiva la si voglia vedere, adesso la libertà degli ISP è totale. Unica regola: avvisare gli utenti delle politiche applicate in materia di partnership commerciali. In questo modo, prima di scegliere un fornitore, il potenziale abbonato dovrebbe essere ben conscio di quello che gli viene offerto. Peccato però che, esattamente com accade in Italia, molte zone degli Stati Uniti siano costellate da piccoli paesini raggiunti da pochi operatori telefonici.

Com'è la situazione in Italia?

Tutto quello che accadrà con la caduta del principio di "Net Neutrality" riguarda chiaramente solo ed unicamente gli Stati Uniti. La regolamentazione non è, fortunatamente, mondiale.

Il nostro Paese quindi non subirà le conseguenza di questa situazione, non direttamente almeno. Viene istintivo pensare però che, in futuro, potremmo ritrovarci a pagare un aumento sui nostri fornitori di servizi in streaming preferiti. Ad esempio, un canone mensile più alto per poter usufruire di Netflix o Spotify. Questo perché, se ci sarà da onorare un accordo commerciale con un ISP negli States, bisognerà recuperare l'investimento in qualche modo. Ovviamente, la soluzione di farla pesare a noi utenti è quella più immediata.

Quello che potrà accadere in futuro, nessuno può prevederlo con certezza al momento. Certamente, quello che succede ad una potenza mondiale del calibro degli States non passa di certo inosservato ed è facile pensare che possa portare anche l'Unione Europea ad esprimersi sulla questione. Non resta che stare a vedere come evolverà la questione.

Sicuramente, oggi un passo indietro è stato compiuto.

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