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Cos’è il Chips Act firmato da Joe Biden. E che conseguenze sta avendo

La Guerra fredda Usa-Cina oggi passa per i semiconduttori

Un tempo la Guerra fredda indicava le tensioni politico-militari tra le due superpotenze vincitrici uscite vincitrici dalla Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e l’URSS.

Non a caso se ne indica la fine nel 1991, anno della dissoluzione dell’Unione Sovietica.

La più eclatante declinazione della Guerra fredda è stata la cosiddetta corsa agli armamenti: pur sempre di tecnologia stiamo dunque parlando.

Oggi il fronte della Guerra fredda è cambiato, e si è inserita una terza grande potenza economica, la Cina.

L’ambito resta sempre quello della tecnologia. Anzi, siccome il comparto tech evolve in modo sempre più rapido, è più che mai qui che attualmente si giocano le tensioni tra Stati Uniti e Russia e, ciò di cui parleremo oggi, tra Stati Uniti e Cina.

Joe Biden

La nuova Guerra fredda tra Usa e Cina

Tralasciamo dunque i rapporti tra Washington e Mosca, inevitabilmente inaspriti dopo l’invasione dell’Ucraina. E che, come abbiamo scritto in un altro articolo, si sono declinati in veti e ban incrociati.

Concentriamoci piuttosto su un’ulteriore recente Guerra fredda in atto, di matrice politica ma forse ancor prima economica, tra gli Stati Uniti e la Cina.

Qui c’è una data cardine, ovvero il 9 agosto 2022, quando il presidente degli Usa Joe Biden ha firmato il Chips Act. Scopriamo cosa è, e quali conseguenza sta avendo su alcuni grandi aziende del comparto tech (e sullo scacchiere diplomatico internazionale).

Il Chips Act

Il problema iniziale, ben noto, è quello della crisi dei semiconduttori, e della necessità (non solo statunitense, ma anche europea) di rendersi il più possibile indipendente.

Ed ecco che con l’imponente Chips Act, una legge il cui nome per esteso è Chips and Science Art, il Congresso americano (dopo un anno abbondante di negoziati) ha previsto lo stanziamento di oltre cinquanta miliardi di dollari di incentivi alle manifatture per la produzione interna di microchip.

Nel piano sono previsti anche più di 80 miliardi di dollari per la National Science Foundation, a favore della ricerca e l’innovazione tecnologica.

Il triangolo Usa-Cina-Taiwan

Sempre lo scorso agosto era scoppiato un caso diplomatico che ci interessa ricordare.

La speaker della Camera Nancy Pelosi era andata in visita a Taiwan, Paese indipendente ma rivendicato dalla Cina come una propria provincia.

E così il governo di Pechino, offeso dall’ingerenza yankee, ha reagito con un’imponente esercitazione militare proprio a Taiwan.

In realtà, le tensioni tra Cina e Taiwan hanno tenuto in allarme l’intero settore tech. Perché? Perché Taiwan è il massimo produttore di microchip al mondo, e un eventuale conflitto tra i due Paesi avrebbe decretato lo stop alle esportazioni di semiconduttori.

C’è di più. Nancy Pelosi, nella sua visita, ha incontrato Mark Liu, presidente di TSMC, la più grande fabbrica indipendente di chip del mondo.

Pelosi ha illustrato a Liu il Chips Act, sottolineando che parte dello stanziamento previsto dalla legge sarebbe andato a chi avesse aperto nuovi stabilimenti negli Stati Uniti.

Il Chips Act e le esportazioni: il caso Nvidia

Il Chips Act contiene anche una misura ulteriore.

Sono infatti state introdotte pesanti restrizioni all’esportazione di chip, che hanno riguardato diverse aziende, tra cui Nvidia.

L’azienda con sede a Santa Clara non avrebbe più potuto esportare il suo prodotto di punta, l’A100, al mercato cinese. Il veto della legge ha fatto cessare l’export di questo semiconduttore (anch’esso prodotto a Taiwan), ampiamente utilizzato nelle applicazioni di intelligenza artificiale da importanti aziende cinesi, come Alibaba. Il blocco ha causato a Nvidia qualcosa come 400 milioni di dollari di mancati guadagni in tre mesi.

La società ha aguzzato l’ingegno e ha prodotto l’A800. Ovvero un chip di prestazioni inferiori e che quindi non rientra nel divieto imposto dal Chips Act.

Altre aziende si trovano nella stessa, paradossale situazione di Nvidia. Il blocco imposto dal Chips Act, che punta a creare una produzione indipendente di semiconduttori, da una parte incentiva ma dall’altra limita, attraverso queste severe (e un po’ démodé) forme di protezionismo.

Tensioni tra Cina e Lituania

Ma questa curiosa Guerra fredda è stata capace di coinvolgere anche la Lituania.

Il motivo? Taiwan ha annunciato un piano da oltre dieci milioni di euro per la produzione dei semiconduttori nel Paese baltico. La reazione di Pechino è passata per la dichiarazione rilasciata dal portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, che ha accusato Taiwan di “colludere con forze esterne per perseguire l’indipendenza dell’isola”.

È dunque intervenuta la Commissione europea. Il cui vicepresidente, Valdis Dombrovskis, ha a sua volta accusato la Cina di bloccare l’interscambio con la Lituania. Non solo le accuse sono state respinte, ma Pechino ha invitato Bruxelles a smarcarsi dai tentativi della Lituania di “prendere in ostaggio le relazioni Cina-Unione europea”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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