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Autori o Pubblico? A chi spetta l’ultima parola?

Negli anni l'influenza di pubblico e fan sulle opere si è fatta sempre più rilevante. Ma è la strada giusta?

Il rapporto tra la libertà dell’artista e l’idea di adattarsi al mercato è da lungo tempo complesso e tormentato. Negli ultimi anni però, sembra essersi reso ancora più critico. Ci sono stati casi infatti in cui l’equilibrio del potere si è spostato in maniera preponderante verso il pubblico. Quali sono le ragioni di queste trasformazioni? Cosa è cambiato nella nostra società che ha reso il bacino di fan sempre più importante da ascoltare? E soprattutto, fare di tutto per inseguire l’approvazione del pubblico è la strada giusta? A queste e altre domande proveremo a rispondere in questo articolo.

Ascoltare i fan e cambiare tutto a cose fatte

Negli ultimi anni ci sono stati diversi casi che hanno superato il tradizionale confine del rapporto tra fan e opera. Eventi che non rappresentano necessariamente qualcosa di negativo, ma che meritarono e meritano tuttora riflessioni approfondite. Si tratta di occasioni in cui il pubblico non ha influito solamente nella progettazione e realizzazione, ma ha portato a modifiche successive, quando già il lancio o parte di esso era avvenuto.

Emblematici dal punto di vista del gaming sono stati due ‘terzi capitoli’: Fallout 3 e Mass Effect 3. Entrambi sono arrivati sugli scaffali con un finale che non ha soddisfatto i fan delle due saghe, spingendo gli studi che li hanno realizzati a rilasciare un contenuto scaricabile aggiuntivo (rispettivamente a pagamento e gratuito) che riallineasse le opere per ascoltare i fan.

Particolare scalpore ha avuto nel 2019 invece il caso di Sonic – Il film. Nei piani originali il design della storica mascotte di SEGA era decisamente differente da quello visto nella versione finale (e nei giochi). Quando fu rivelato con il primo trailer della pellicola, fu accolto con un’ondata di critiche sul web, meme e proteste dei fan. Per questo motivo lo studio, a produzione già avanzata, decise di cambiare tutto e riprogettare l’aspetto del riccio blu, rendendolo più fedele al design classico.

Nemmeno Batman e Superman sono al sicuro

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Ancora più critico è il caso di Justice League. Questo film avrebbe dovuto essere un grandissimo evento (diviso addirittura in due parti) per il nascente universo cinematografico DC Comics, mostrando finalmente Batman, Superman, Flash, Aquaman, Cyborg e Wonder Woman lottare fianco a fianco. Un progetto che sulla carta sarebbe diventato una replica del successo di The Avengers, creato dalla ‘concorrenza’ Marvel.

A preparare il terreno avrebbe pensato Batman v Superman: Dawn of Justice, primo scontro cinematografico tra i due leggendari eroi. Qualcosa però andò storto. Questa pellicola all’arrivo nelle sale non ebbe il grande successo che si sperava, né tra la critica, né tra i fan. Si decise quindi di correre ai ripari e rivoluzionare Justice League con le riprese già quasi concluse.

Zack Snyder, in origine regista di entrambi, lasciò il progetto a causa di una tragedia familiare e le redini di tutto passarono a un nuovo autore, Joss Whedon, regista proprio di quell’Avengers di cui sopra. Questi cambiò profondamente la pellicola, come si può evincere dai racconti delle persone coinvolte, ma anche dai confronti tra la versione finale e le immagini rilasciate prima del passaggio di testimone.

Il tono cupo che aveva caratterizzato fino a quel punto il franchise fu alleggerito, con un’infusione di comicità e vivacità che richiamava chiaramente quella dei film Marvel, che stavano sbancando al botteghino. Evidentemente non fu sufficiente però, dato che Justice League incassò ancora meno di  Batman v Superman: Dawn of Justice e mise seriamente in dubbio tutto il progetto di un universo cinematografico DC Comics.

Una seconda correzione successiva

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La storia però non si conclude qui. Il fandom (termine che indica l’insieme di appassionati più accaniti di un’opera o una saga) iniziò a indagare sulla versione originale della pellicola. Iniziarono a circolare voci di un film sulla Justice League molto diverso da quello visto in sala. Si cercò di ricostruire i piani originali di Zack Snyder a partire dal materiale e dalle dichiarazioni rilasciate prima del cambio di regista, poi arricchite da interviste successive dei vari nomi coinvolti con il progetto.

Nacque così il mito di questa versione originale di Justice League, soprannominata Snyder Cut, ovvero il montaggio di Snyder. Nella narrazione si trattava non solo di un’opera qualitativamente superiore a quella rilasciata al cinema, ma era soprattutto già pronta o comunque vicina al completamento. Lo studio però aveva scelto di tenerla nascosta, rinchiusa nei propri archivi.

Nacque così il movimento #ReleaseTheSnyderCut per spingere alla pubblicazione di questo progetto. Ci furono petizioni, eventi, raccolte fondi per acquistare spazi pubblicitari di grande importanza: addirittura un cartellone nell’iconica Times Square di New York. Alla fine lo studio dovette cedere. La versione completa di Justice League immaginata da Zack Snyder debutterà nel 2021 sul servizio di streaming HBO Max.

Ora, la questione non è se queste modifiche fossero o meno giustificate o se abbiano o meno migliorato l’opera. Quello che conta è il principio: è giusto spingersi fino a questo punto per venire incontro ai fan? Prima di affrontare questo quesito dobbiamo però ripercorrere quanto sia cambiato il rapporto con il fandom negli ultimi anni…

Le origini del potere dei fan

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Si potrebbe pensare che un autore o un brand siano sempre stati felicssimi di avere grandi comunità di appassionati, ma non è così. Il concetto di fandom organizzato ha dovuto superare diverse difficoltà prima di essere comunemente accettato, non solo apprezzato. Se non ci credete, potete chiedere a chi a cavallo del 2000 ha rischiato cause legali per aver scritto e pubblicato sul web dei racconti (le cosiddette fanfiction) con protagonisti i personaggi di Intervista col vampiro di Anne Rice.

Si trattava probabilmente di una reazione avversa a una trasformazione importante in atto. Proprio grazie al web infatti le comunità di fan si sono evolute. La passione per un’opera (o qualsiasi cosa, in realtà) era inizialmente qualcosa molto di più personale, che si poteva condividere al massimo con qualche amico. I casi di comunità organizzate erano limitati e richiedevano spesso uno sforzo, anche solo di spostamento geografico, a cui non tutti erano disposti, rendendole piuttosto contenute per gli standard moderni.

Con l’avvento del web e la nascita dei social network (fin dalle versione estremamente primordiali) diventava più facile conoscere nuove persone con cui condividere i propri interessi. Il confronto, le discussioni, le fan theory e le analisi sono un ottimo combustibile per le passioni.

E così le comunità crescevano, popolandosi sempre di più di fan accaniti. Un’evoluzione che non è sempre andata liscissima, facendo ad esempio emergere un contrasto tra i nuovi arrivati e gli appassionati della prima ora, che spesso desiderano ‘proteggere’ la propria passione dal grande pubblico, in un fenomeno noto come gatekeeping (letteralmente “custodia del cancello”).

C’è un grande valore nei fan

La Star Wars Celebration è un evento organizzato proprio per riunire e celebrare i fan della saga creata da George Lucas

Tuttavia, piano piano ci si è resi conto del potenziale incredibile dei fan e di queste comunità da ascoltare. Tanto più la passione cresceva, tanto più le opere a esse legate diventavano redditizie. Merchandising, sequel, edizioni speciali, eventi e moltissimo altro diventavano nuove fonti di guadagno. In un meccanismo non troppo diverso da quello che guida le carriere dei moderni influencer, il fandom è diventato un asset chiave per un’opera.

Perché si sviluppano sempre di più grandi franchise, con innumerevoli sequel e reboot? Perché comportano un rischio minore di perdite economiche per chi li realizza, potendo partire già da una base concreta di pubblico. Certo, i seguiti multipli sono sempre esistiti, basti pensare ai 7 capitoli di Nightmare o ai 10 di Venerdì 13.

Se però in passato l’idea era spremere il pubblico fino all’osso con prodotti dalla qualità sempre più in calo, la tendenza degli ultimi anni è coltivare i progetti e le passioni, aumentando l’impegno per ottenere risultati ancora maggiori.  Basta vedere come Iron Man, primo film del Marvel Cinematic Universe, abbia incassato più o meno un quinto del ventiduesimo capitolo Avengers: Endgame.

Il simbolo perfetto del cambiamento dell’approccio nei confronti nel fandom però sta probabilmente nel fatto che una fanfiction sia diventata uno dei casi editoriali più rilevanti del decennio. Cinquanta sfumature di grigio nacque infatti come un racconto basato sui personaggi di Twilight, i cui nomi furono cambiati nella versione finale. Un’inversione totale rispetto all’epoca delle cause legali.

È giusto ascoltare i fan al punto di piegarsi al loro volere?

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Sherlock Holmes, una delle prime ‘vittime’ di modifiche all’opera causate dai fan

Torniamo quindi al nostro quesito iniziale. Una domanda che è letteralmente da un miliardo di dollari (e più) visto che spesso ascoltare e ‘arruffianarsi’ i fan può fare la differenza tra incassi record e flop. Soprattutto è un tema che pur essendo particolarmente rilevante oggi per i motivi elencati qui sopra, ha comunque fatto parte del dibattito pubblico per moltissimo tempo.

Da una parte perché lo si può inserire nel filone delle riflessioni sul valore dell’arte. Deve essere indipendente e bastare a sé stessa come sostenevano Oscar Wilde e Théophile Gautier o trova la sua rilevanza in altri fattori, come la sua moralità o (appunto) il suo successo di pubblico?

Dall’altra perché nonostante i tanti casi recenti, le modifiche a un’opera dovute ai fan avvengono da tempo. Celebre è il caso di Sherlock Holmes, ucciso da Arthur Conan Doyle in L’ultimo saluto di Sherlock Holmes, ma poi riportato in vita in altri dodici racconti, proprio a causa delle proteste degli appassionati, riunitisi in una sorta di movimento per la Snyder Cut ante-litteram.

La riflessione si può anche spogliare della sua componente più ‘bassa’, legata al vil denaro. Il successo di un’opera non è desiderabile solo per questioni venali, ma anche semplicemente per il più nobile obiettivo di raggiungere quante più persone possibili con il proprio messaggio. A patto però che questo non si corrompa del tutto per poter arrivare ovunque: l’equilibrio è davvero difficile da ottenere.

Soprattutto poi bisogna tenere conto che oggi l’impresa è ancora più ardua. Le forme di intrattenimento si sono moltiplicate e di conseguenza i contenuti, tutti in continua lotta per la nostra attenzione. La nostra grande domanda quindi probabilmente può avere una risposta molto pragmatica: non è importante, perché in un mondo dove la lotta per la sopravvivenza è così feroce, è inevitabile. O ineluttabile, per citare un celebre franchise.

Correggere non cancella lo sbaglio

C’è però un punto su cui bisogna insistere. Le arti (o i settori a seconda della propria definizione) dove si verificano fenomeni di ‘correzioni in corsa’ sono principalmente collaborative, oltre che orientate al mercato. Un film o un videogioco raramente sono opera di un singolo. Si tratta di uno sforzo comune, che prevede la partecipazione di tantissime persone, ciascuna con i propri compiti.

Esistono quindi ruoli e reparti dedicati proprio ad assicurarsi che un’opera abbia successo, prima selezionando i progetti più promettenti e poi guidando la visione artistica in determinate direzioni. E anche se spesso sono visti come il simbolo dell’azienda malvagia che vuole piegare l’arte al guadagno, il loro lavoro è importantissimo. Quando avviene un cambiamento in corsa come quelli che abbiamo citato sopra, vuol dire che non l’hanno fatto bene.

Il risultato finale non è tutto. Una reazione negativa dei fan o del pubblico, quando non è calcolata per complesse operazioni pubblicitarie, è già di per sé un fallimento. Sonic – Il film è stato un discreto successo critico e commerciale, aprendo la porta a sequel e a un franchise potenzialmente molto ricco. Questo non toglie che qualcuno abbia fatto un grosso errore ad aver approvato quel design iniziale. Non perché chi scrive lo consideri pessimo (anche se è piuttosto indifendibile, ammettiamolo), ma perché gli appassionati che avrebbero dovuto esserne conquistati lo hanno considerato tale.

Ascoltare i fan e ammettere un errore è sicuramente un atto coraggioso ed è apprezzabile cercare di correggersi. Non significa però che quello sbaglio sia magicamente cancellato, né che si debba dimenticare tutto.

La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto è… 42!

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Come per tutte le grandi domande quindi anche la risposta al nostro quesito non può che essere parziale, dipendendo molto anche da chi e come pone la domanda. Ognuno può trovare il proprio equilibrio quando si tratta di ascoltare i fan, in base ai propri personali valori, tra il valore intrinseco di un’opera e la sua capacità di raggiungere un pubblico più ampio possibile. Fattori che non sempre sono in totale contrasto fra loro, ma che vanno attentamente bilanciati.

Soprattutto, è fondamentale il lavoro di preparazione. Correggere in corsa è un’opzione che abbiamo imparato ad accettare e che può avere anche conseguenze positive. Non deve però diventare una via abituale, un’ipotesi da mettere sul piatto fin da subito, ma solo una misura di emergenza, per quando il progetto è profondamente a rischio.

Insomma, sarebbe il caso di evitare approcci nel futuro del tipo: “Proviamo a lanciarlo così, al limite modifichiamo come hanno fatto per…“. Le conseguenze potrebbero essere davvero problematiche.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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