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Cultura

27 anni fa il genocidio di Srebrenica. Cosa successe in quel luglio 1995 e che colpa hanno avuto i soldati olandesi?

Genocidio Srebrenica, 27 anni fa uno dei massacri più crudeli d'Europa

L’11 Luglio non è una giornata qualsiasi quella di oggi in Bosnia-Erzegovina.
Oggi si ricorda uno dei più crudeli massacri che l’Europa abbia mai visto, ovvero il genocidio di Srebrenica, avvenuto nel 1995.

Il cimitero di Potocari, alle porte di Srebrenica, come ogni anno diventa meta di pellegrinaggio per i tanti familiari e amici delle oltre 8 mila vittime del genocidio.

Uccise a sangue freddo delle truppe serbo-bosniache comandate dallo spietato generale Ratko Mladic, le vittime risulteranno poi essere tutte musulmane. 

Genocidio di Srebrenica e la colpa delle truppe olandesi

Il genocidio di Srebrenica si è consumato tra l’altro sotto gli occhi degli oltre 600 caschi blu dell’ONU e delle tre compagnie olandesi Dutchbat I, II, III.
Molte furono le critiche e le accuse verso le forze olandesi, accusate di non essere intervenute.

Genocidio Srebrenica: Ratko Mladić, a sinistra, con il comandante dei soldati olandesi dell'ONU, Thom Karremans
Genocidio Srebrenica: Ratko Mladić, a sinistra, con il comandante dei soldati olandesi dell’ONU, Thom Karremans

Secondo la ricostruzione dei fatti, quando le truppe con a capo Mladic si avvicinarono all’enclave di Srebrenica, il colonnello olandese Karremans diede l’allarme e chiese un intervento aereo di supporto. L’aiuto venne chiesto inizialmente il 6 e l’8 luglio ed altre due volte proprio l’11 luglio 1995, giorno in cui si consumò il genocidio.

La seconda richiesta di aiuto dell’11 luglio 1955 in realtà venne accolta. Peccato però, che gli aerei F-16 che dovevano intervenire a supporto delle truppe dell’ONU avessero ricevuto nello stesso tempo l’ordine di rientrare nelle basi in Italia per essere riforniti di carburante.

Due F-16 olandesi riuscirono ad intervenire, ma senza chissà quale esito. Inoltre, la stessa ONU annullo l’ordine di attacca quando le truppe di Mladic minacciarono di uccidere i caschi blu presenti a Srebrenica.

Per paura di essere uccisi dagli spietati soldati di Mladic, furono gli stessi caschi blu a separare gli uomini dalle donne e consegnarli ai loro esecutori.

srebrenica soldati onu
Genocidio Srebrenica: il comandante dei soldati olandesi dell’ONU, Thom Karremans

Secondo il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (TPIJ), espressosi nel 2014, lo Stato olandese fu civilmente responsabile per il massacro di almeno trecento cittadini bosniaci musulmani. La Corte condannò l’Olanda al risarcimento delle famiglie delle vittime.

Le scuse formali del premier olandese Mark Rutte

Oggi, in visita all’Aia, il premier olandese Mark Rutte si è scusato formalmente con i soldati olandesi presenti a Srebrenica durante i terribili giorni del genocidio. Rutte si è scusato con i veterani di guerra a nome del governo olandese di allora, colpevole di non essere intervenuto e di aver abbandonato i suoi soldati impegnati nell’allora missione di pace dell’ONU.

Ecco le parole del premier olandese Mark Rutte: «Alcune parole non sono ancora state dette. Mi scuso a nome del governo olandese con tutte le donne e gli uomini dei battaglioni e con le persone che non possono essere qui oggi. Con il massimo apprezzamento e rispetto possibile per il modo in cui, in circostanze difficili, continuarono a cercare di fare del bene, anche quando non era più possibile».

Genocidio Srebrenica: il premier olandese Mark Rutte si scusa con i veterani di guerra
Genocidio Srebrenica: il premier olandese Mark Rutte si scusa con i veterani di guerra


Diversa invece la reazione del presidente serbo Aleksandar Vucic. Quest’ultimo, dopo la condanna all’ergastolo del sanguinoso Mladic, accusò il Tribunale dell’Aja di aver condannato soprattutto i serbi.
Tutto questo mentre nel centro della capitale serba Belgrado, tutt’oggi un murales raffigura ed elogia il generale assassino Mladic, icona ed eroe degli estremisti di destra serbi.

Genocidio Srebrenica: murales del generale Mladic deturpato
Genocidio Srebrenica: murales del generale Mladic deturpato


La guerra di Bosnia-Erzegovina, che si è combattuta dal 1992 al 1995, ha provocato circa 100 mila morti ed oltre due milioni di profughi. 

Genocidio Srebrenica, cosa successe l’11 luglio 1955?


Alla fine degli anni Ottanta, già la morte del maresciallo Tito (1980), l’ideologia comunista si indebolì a tal punto da portare alla dissoluzione della Jugoslavia. Ciò lasciò sempre più spazio a sentimenti nazionalistici ed indipendentistici.
I primi anni Novanta videro la morte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e la nascita delle nuove repubbliche di Bosnia ed Erzegovina, Slovenia, Croazia e Macedonia del Nord, mentre Serbia e Montenegro rimasero unite.

La Repubblica Federale della Jugoslavia del maresciallo Tito
La Repubblica Federale della Jugoslavia del maresciallo Tito


Proprio nella federazione serba, in quegli anni saliva alla ribalta una figura che avrebbe segnato per sempre la storia della regione balcanica e dell’Europa, il suo nome era Slobodan Milosevic.
Eletto presidente nel 1989, Milosevic aveva una visione espansionistica del dominio serbo e non era di certo interessato all’unità jugoslava.


Intanto nella regione le tensioni tra i popoli sfociarono in conflitti etnici dando vita alle guerre jugoslave.
Interessarono dapprima la Slovenia e la Croazia, per poi coinvolgere la Bosnia Erzegovina.
I protagonisti di questi conflitti furono le popolazioni serbe, croate e bosgnacche.

Quello che accade dal 1991 al 2001 segnerà una delle pagine più nere e tristi dei Balcani, tanto da arrivare a definire quei conflitti come tentativi di pulizia etnica ed eccidi e tanto da essere considerati crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

L’assedio di Sarajevo, il più lungo della storia

La notte tra il 5 ed il 6 aprile 1992, la capitale della Bosnia, Sarajevo, fu messa sotto assedio, si tratta tuttora dell’assedio più lungo della storia contemporanea, consumatosi dal 06 Aprile 1992 al 29 Febbraio 1996.

In realtà già nel Marzo del 1991 il presidente croato Tudman e quello serbo Milosevic si erano incontrati per discutere la spartizione della Bosnia tra la Croazia e la Serbia.
L’aggressione messa in atto dai due governi, si tradusse in una vera e propria aggressione ai danni di un paese indipendente e sovrano, quale era la Bosnia.

Aprile 1992 assedio di Sarajevo (Bosnia) da parte delle truppe serbe
Aprile 1992 assedio di Sarajevo (Bosnia) da parte delle truppe serbe

Le azioni d’attacco militare erano sistematiche e ben studiate. I villaggi venivano da prima attaccati dalla JNA (Armata Popolare Jugoslavia), poi bombardati dall’artiglieria pesante. Successivamente entravano in azione le squadre paramilitari che prendevano di mira la popolazione non serba, deportandola nei campi di concentramento o al confine con l’Ungheria.

Il piano di pulizia etnica e le atrocità compiute dagli uomini di Mladic

Le atrocità raccontate da chi sopravvisse alla macchina della morte messa in moto sono inimmaginabili. Stupri di massa, violenza su donne, bambini e anziani, deportazione degli uomini e tante altre testimonianze sono state depositate negli anni presso il TPIJ, il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia con sede a L’Aia.

Il 9 Luglio 1995, nonostante la presenza delle forze di protezione delle Nazioni Unite (UNPROFOR), le truppe serbe dello spietato generale Ratko Mladic occuparono la zona di “sicurezza” dell’ONU a Srebrenica. Proprio lì venne consumata una vera e propria strage uccidendo oltre 8.000 civili.

Uzice (Serbia) alcuni soldati serbi sorvegliano un gruppo di bosniaci musulmani scappati da Srebrenica. 5 agosto 1995. (AP PHOTO)
Uzice (Serbia) alcuni soldati serbi sorvegliano un gruppo di bosniaci musulmani scappati da Srebrenica. 5 agosto 1995. (AP PHOTO)


I maschi dai 12 ai 77 anni furono separati dalle donne e furono massacrati davanti agli occhi dei 600 caschi blu del contingente olandese presenti a presidiare e a rendere “protetta” l’area.
Il mancato intervento da parte del contingente olandese durante il massacro dei civili a Srebrenica non fu mai del tutto chiarito.

Il massacro, messo in atto con lo specifico intento di eliminare la popolazione musulmana bosniaca, venne riconosciuto dal TPIJ come genocidio.

Una madre bosniaca piange sulla lapide del proprio figlio, vittima del genocidio di Srebrenica.
Una madre bosniaca piange sulla lapide del proprio figlio, vittima del genocidio di Srebrenica.

L’intervento NATO dopo il genocidio di Srebrenica

Il genocidio di Srebrenica diede una svolta decisiva al successivo andamento del conflitto.
La NATO cominciò l’Operazione Deliberate Force lanciando un massiccio attacco aereo su tutta la Repubblica serba. Tale attacco impose ai serbo-bosniaci il ritiro delle armi pesanti intorno a Sarajevo.

Il 21 Novembre 1995 si arrivò finalmente ad un accordo, meglio noto come Accordo di Dayton (Ohio). Tale accordo segna ancora oggi la struttura socio-politica della Bosnia ed Erzegovina, tanto da dividerla in due entità federali. Da una parte la Federazione croato-musulmana che detiene il 51% dei territori bosniaci, dall’altra parte la Repubblica di Srpska che ne detiene il 49%.
Ogni entità ha un suo parlamento indipendente.

Bosnia-Erzegovina grido d'aiuto
Bosnia-Erzegovina grido d’aiuto

La Bosnia-Erzegovina di oggi è un prodotto delle decisioni prese a Dayton.
Si tratta di uno stato unitario diviso in due entità federali. Da una parte la Federazione croato-musulmana, che detiene il 51% del territorio bosniaco, dall’altra la Repubblica Srpska (49%).

Definita una Repubblica semipresidenziale, la Presidenza della Bosnia ed Erzegovina è un organo collegiale composto da 3 membri. Ciascuno rappresentativo di uno dei 3 popoli costitutivi, bosniaco, serbo e croato. I membri sono eletti dal corpo elettorale ogni 4 anni e assumono la guida della presidenza a turno ogni 8 mesi.


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