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Le videocassette e il VHS (che non erano la stessa cosa). La macchina del tempo

È stata l’ultima tecnologia analogica audiovisiva ad abbandonare le nostre case

Nel giugno del 2022 abbiamo inaugurato questa rubrica dandovi conto di quella che un giornalista ingenuamente legato alle locuzioni precotte chiamerebbe svolta generazionale. Ovvero il passaggio dalle musicassette (rétro fin nel nome) ai compact disc (futuristici fin nel nome).

È nella seconda metà degli anni Novanta del Novecento che il fenomeno esplode. Si mettono in soffitta giradischi e walkman, e si inizia ad ascoltare musica senza quasi più alcun fruscio. Il sogno si avverava.

Il sogno si avverava, certo. Eppure, i più maliziosi tra noi non capivano perché, se il supporto digitale aveva soppiantato quello magnetico per i contenuti audio, i film si dovevano guardare ancora inserendo dei mattoni in plastica in apparecchi grandi come forni a microonde.

Ma a ciò che non si riesce a debellare, alla fine, ci si affeziona. E così, non chiediamoci perché sino almeno alla metà degli anni Duemila le videocassette fossero ancora più utilizzate del DVD, e celebriamole per quel che erano.

Videotapes

Videocassette e VHS

Partiamo da una rivelazione clamorosa: videocassette e VHS non sono mai stati sinonimi.

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Le videocassette erano i succitati mattoni in plastica a memoria magnetica, grazie a cui si potevano guardare contenuti video. Guardare e, come per le cugine musicassette, registrare. Per cui c’era chi programmava il videoregistratore alle quattro di notte, felice che l’indomani avrebbe potuto godersi la rarissima pellicola del tale regista uzbeko. Salvo poi, per un proprio errore o un cambio di programmazione dell’ultima ora, sciropparsi tre ore di lezione di trigonometria.

VHS, invece, era acronimo di Video Home System. Ed era il più comune sistema di videoregistrazione standard.

Per semplificare: le videocassette come ce le ricordiamo tutti noi, erano quelle che funzionavano sul sistema VHS. Perciò, in moltissimi hanno chiamato (e chiamano) VHS le videocassette medesime.

Il mito delle videocassette

A spanne possiamo dire che per circa vent’anni, a partire dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, le videocassette e il sistema VHS hanno avuto un impatto notevole nelle nostre vite.

Anzitutto, viste le dimensioni di ciascuna singola videocassetta, un cinefilo che si rispettasse era costretto a dormire nella vasca da bagno, perché il resto della casa era occupato dalla sua collezione di film.

La qualità video e audio di questi supporti, già mediocre in origine, era spesso resa ancor più precaria da alcune operazioni di raro equilibrismo compiute nel segreto delle mura domestiche.

Ad esempio, i videoregistratori più moderni permettevano di registrare a velocità doppia. Ciò consentiva di far stare in una videocassetta di, poniamo, 120 minuti, ben 240 minuti di video.

E così, per risparmiare, su un unico nastro le famiglie coscienziose pretendevano di registrare due film, un documentario sui cavallucci marini e uno slalom gigante di Alberto Tomba. Solo che poi – in quel nastro magnetico già esilissimo, e con una qualità di registrazione da primi del Novecento – si  distinguevano a malapena le immagini.

Un ricordo personale

In verità, per quanto anacronistiche e ingombranti, le videocassette col sistema VHS hanno davvero permesso, a noi giovani (e meno giovani) di allora di alfabetizzarci.

Chi scrive custodisce ancora nella casa dei suoceri (ignari), scatoloni di grandi classici della filmografia mondiale che alcuni dei maggiori quotidiani italiani di quegli anni – da Repubblica a l’Unità – allegavano ogni settimana al giornale in edicola.

Era in fondo la nascita del principio dell’on demand, che sradicava dal rigido vincolo dei palinsesti televisivi, e permetteva a ciascuno di fruire dei contenuti preferiti agli orari più consoni. Era un sintomo di libertà, modernità. E, diciamolo pure, comodità.

E, tornando con tono meno faceto sul discorso dell’ingombro, a differenza degli odierni contenuti dematerializzati, le videocassette riposte di costa davano la stessa impagabile sensazione che dà una libreria ben fornita e ordinata. Quella della catalogazione della cultura, del fatto che non occorre avere tutto, ma semmai occorre conoscere a fondo le cose. Oltre a saperle mettere in relazione tra loro, e ripescarle non appena è necessario farlo.

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Ma quanto valgono, oggi, le videocassette?

Finiamo con una curiosità. Se qualcuno avesse conservato qualche videocassetta, oggi potrebbe essere milionario?

No, ma alcuni titoli hanno il loro valore. Sono soprattutto alcuni nastri della Disney a essere (relativamente) preziosi. Ad esempio, Il re leone vale tra i 75 e i 200 euro, La carica dei 101 dai 200 ai 300 euro. E poi, Biancaneve dai 250 ai 600 euro, Cenerentola intorno ai 1000. Svetta La bella e la bestia, che secondo gli esperti può arrivare a valere intorno ai 10.000 euro.

Una curiosità: un cofanetto con 10 titoli in prima edizione, tra cui Cenerentola, Bambi, Aladdin e La carica dei 101, è stata venduta su eBay per 9.000 euro.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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