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Il “Non autorizzo” su Facebook è di nuovo tra noi! La bufala della settimana

Il ritorno di un (inutile) tormentone

Ci sono bufale che ritornano con una tale ciclicità da meritarsi lo statuto di classico.

E ciò accade nonostante, ogni volta che riaffiorano, esse siano ampiamente sbugiardate. Una simile longevità è dovuta al fatto che la loro presa psicologica, e l’effetto di persuasione collettiva che creano, sono tali da superare ogni impostazione razionale.

Stiamo parlando di quella che ormai – dimostrando davvero di essere una sorta di icona pop – è quasi unanimemente riconosciuta col nome di bufala del “Non autorizzo”.

Di cosa si tratta, e quando si è presentata in passato?

Una suggestione collettiva

Della bufala del “Non autorizzo” ci siamo già occupati in un articolo del gennaio del 2022.

Facciamo notare che già allora ne parlavamo come di una frottola datata. Datata e, scrivevamo, “che poggia un po’ sulla credulità e un po’ sul timore reverenziale (ovvero sulla passività) che molti di noi hanno nei confronti della tecnologia, e più nello specifico verso le piattaforme social.”

Sembra veramente una suggestione di massa, ma in realtà nasce come ipotetica tutela delle proprietà intellettuali degli utenti del popolare social.

non autorizzo

Dalla condivisione dei contenuti all’addebito

In realtà, rispetto alle precedenti edizioni della bufala – che sembra risalire addirittura al 2009 – i contorni cambiano (la sostanza no).

Un tempo ci si illudeva di proteggersi contro la diffusione di immagini e messaggi, mentre oggi la “lotta” è contro la fantomatica volontà dell’azienda di Mark Zuckerberg di addebitare 4,99 dollari al mese su ogni account.

Si tratta di iniziative del tutto prive di peso legale, e che peraltro vorrebbero contrastare ciò per cui abbiamo già dato l’assenso (nel caso di immagini e messaggi) o ciò che non esiste (l’addebito mensile).

Ma come funzionerebbe la protezione da questi ipotetici arbìtri di Meta?

Come funzionerebbe il “Non autorizzo”

Secondo non si sa bene chi e con quali competenze legali, sarebbe sufficiente fare copia-incolla di una frase (peraltro strampalata, come vedremo) per assicurarsi che Facebook non diffonderà le nostre immagini e messaggi. O, nel caso più recente, non ci addebiti alcunché.

Prima di scoprire perché l’azione non ha alcuna valenza legale, ecco uno dei testi-tipo di qualche tempo fa, relativo a immagini e post: “Non autorizzo Facebook/Meta o nessuna delle organizzazioni legate a Facebook/Meta a usare le mie immagini, informazioni, messaggi o post, né in passato né in futuro. Con questo comunicato comunico su Facebook/Meta che è severamente vietato copiare, notificare o intraprendere qualsiasi altra mia azione in base a questo profilo e/o ai suoi contenuti. I contenuti di questo profilo sono informazioni private e riservate. La violazione della privacy può essere punita dalla legge: Facebook/Meta è ora un’istituzione pubblica”.

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La bufala del “Non autorizzo” su Facebook è di nuovo tra noi

Il testo circolante in questi giorni chiede invece, con una simile formula, che Facebook non addebiti i già citati 4,99 euro sull’account dell’utente. Aggiungendo che Channel 4 News (un canale inesistente) avrebbe annunciato l’imminente tassa, in vigore “da lunedì”. Quale lunedì? Bella domanda.

Ma scopriamo perché, in entrambi i casi, il copia-incolla è un’azione del tutto inutile.

Il “Non autorizzo” su Facebook è di nuovo tra noi

Sorvoliamo sul fatto che il messaggio qui riportato contenga brutture linguistiche e aspetti di sapore paranormale (impedendo azioni svolte nel passato, si attribuirebbe all’azienda di Zuckerberg la capacità di viaggiare nel tempo per rimediare ai propri torti).

Stiamo sulla sostanza: le autorizzazioni alla diffusione dei contenuti le abbiamo già date una volta aperto il nostro account.

Nei termini del servizio si legge, tra l’altro: “mantieni la proprietà dei diritti di proprietà intellettuale su tutti i contenuti che crei e condividi su Facebook”. Ma anche che “quando condividi, pubblichi o carichi contenuto coperto da diritti di proprietà intellettuale su o in connessione con i nostri prodotti, ci concedi una licenza non esclusiva, trasferibile, sub-licenziabile, esente da royalty e mondiale per ospitare, utilizzare, distribuire, modificare, eseguire, copiare o visualizzare pubblicamente, tradurre e creare opere derivate dai tuoi contenuti”.

E sull’eventuale Facebook a pagamento, è vero che Meta ci sta pensando (solo per l’Ue), ma se ciò fosse già attuato o prossimo all’attuazione lo sapremmo tutti. E comunque nessun utente sarebbe obbligato a mantenere un account oneroso!

Infine, a prescindere da tutto ciò, aggiungiamo che un copia-incolla sulla propria bacheca non assume alcun valore legale.

Ed è subito meme

La rete mostra spesso tutta la nostra ingenuità. Ma è altrettanto capace di far brillare l’ingegno e l’ironia di molti.

Sulla mistura di presunzione e candore di chi copia-incolla comunicati inutili sono circolati alcuni gustosissimi meme. Ne abbiamo riportato uno in questo articolo.

Insomma: se non possiamo sconfiggere le fake news, almeno ridiamoci su.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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